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Torino misteriosa: il Portone del Diavolo

Il “topo” nel simbolismo cristiano è associato al demonio, rappresentato, in particolare dall’iconografia medievale, intento nel rosicchiare le radici dell’albero della vita.

Torino, il Portone del Diavolo

Inoltre, unitamente a pipistrelli e ragni, è stato associato alle streghe e ai loro riti. Un animale negativo additato come simbolo del male e di sventura. Ma non per tutti era così: gli antichi Egizi lo consideravano un animale sacro e gli antichi Romani lo vedevano come simbolo di buon auspicio.

Ora vi chiederete: che cosa centra il “topo” con la Torino magica, esoterica e misteriosa.

Torino, il Portone del Diavolo. Il topo

Eccovi subito accontentanti. Chissà quante volte siete passati in via XX Settembre, al numero 40, angolo con via Alfieri, e vi siete soffermati, chi più chi meno, a osservare quella che da poco meno di trecentocinquant’anni è una “chicca occulta” della città: il Portone del Diavolo di Palazzo Trucchi Levaldigi.

Quanti hanno individuato un “topolino” nascosto tra le decorazioni, questo piccolo animale capace di insinuarsi ovunque? Ed ecco che tutto torna: Torino, Portone del Diavolo, demonio, topo.

Il palazzo è opera dall’architetto torinese Amedeo Castellamonte e, oggi sede di un istituto bancario, fu fatto costruire nel 1675 dal ministro delle Finanze di casa Savoia, Giovan Battista Trucchi di Levaldigi, per ospitare la Reale Fabbrica di Tarocchi.

Il portone, istoriato di figure occulte e ornato da un battente che riproduce una testa demoniaca, è ispirato alla carta numero 15, il "Diavolo", per l'appunto, ed è opera di un artista italiano, Pietro Danesi. Si tratta di un portone completamente intarsiato con decorazioni animalesche metamorfiche, foglie d’acanto, fiori, mascheroni e teste di leone. Il battente bronzeo raffigura un Satana con corna e bocca spalancata da cui escono due serpenti che scrutano i passanti. Nella colonna centrale vi è invece uno strano mostro che tiene il mondo tra i suoi artigli. Nel lunotto superiore si vedono putti che schiacciano un mostro a tre teste.

Torino, il Portone del Diavolo. Il battacchio

E naturalmente il topo che abbiamo citato all’inizio di questo articolo. L’intento del portone è ben chiaro: trasmettere simboli con significati ben delineati.

La leggenda racconta che il ministro, esasperato dalle continue dicerie sul suo conto, alimentate dal fatto che aveva fatto costruire tanti palazzi in pochi anni, con denaro di dubbia provenienza, che tutto ciò era opera addirittura del diavolo, pensò di giocare uno scherzo ai suoi concittadini, facendo giungere il portone già finito da Parigi e facendolo installare a notte fonda. La mattina dopo, in molti asserirono che soltanto il diavolo poteva avere fatto un siffatto prodigio!

Questo palazzo fu oggetto di tante speculazioni e pettegolezzi fin dal suo nascere e fu luogo di alcuni delitti irrisolti.

Torino, il Portone del Diavolo. Un putto

Il primo si verificò alla fine del 1700: durante una festa in maschera venne assassinata con uno stiletto la prima ballerina, Emma Cochet. Il delitto restò impunito ma il fantasma di Emma si aggirerebbe ancora nella dimora.

Un altro delitto avvenne nell’800, quando il palazzo venne adibito a caserma militare.

Un soldato a cui era stato assegnato il compito di consegnare un dispaccio di una certa importanza, scomparve.

Tutti pensarono a una diserzione ma vent’anni dopo, in occasione di una ristrutturazione, un muro venne abbattuto e nell’intercapedine si trovarono resti umani: dai brandelli dei suoi abiti si capì che appartenevano al soldato scomparso, probabilmente assassinato e occultato.


Foto di: Vittorio Destro, Giusy Virgilio e Fabrizio Capra

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