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Non permettiamo di farci omologare

Solo di recente ho scoperto la canzone vincitrice del Festival di San Remo dello scorso anno (meglio tardi che mai, chiedo venia a Francesco Gabbani) e ho apprezzato il contenuto di quell’Occidentali’s Karma che ha fatto tanto parlare più che per le “parole” per lo “scimmione”. Naturalmente sono andato oltre (e come poteva essere diversamente) e mi piace pensare come questa canzone rappresenti uno spaccato reale della nostra contemporaneità.

Ebbene si, che lo si voglia o meno, noi siamo composti da una maggioranza di persone che non seguono più i propri istinti ma che si appiattiscono sulle mode che si vengono a creare o, peggio, che vengono imposte.

Facciamo un esempio molto banale, anche se banale alla fine non lo è.

Quanti vanno a mangiare al ristorante giapponese? Tra tutti quelli che apprezzano sushi e sashimi, ramen e udon quanti si sono approcciati al “giapponese” conoscendone la cultura e la ritualità di certi gesti oppure ci è andato solo perché oggi fa moda?

Questo caso lo potremmo proiettare su altre mille situazioni. Rischiamo di non ragionare più con la nostra testa e omologarci a quello che ci viene passato per scelta nostra ma che, invece, in modo subliminale ci viene imposto con il grave rischio di trovarci nella condizione in cui, a un certo punto, non siamo più capaci a pensare “in proprio”.

Quindi spazio al nuovo ma solo se elaboriamo con la nostra testa.

Si all’uso della tecnologia, va bene essere “internettologi”, però impariamo a usare quello che ci viene messo a disposizione, come dicevano gli antichi romani, “cum grano salis”, con un pizzico di buon senso, per evitare di divenire un gregge (senza alcun riferimento religioso perché troppo spesso sono le prime che ci vogliono non pensanti) di pecoroni.

Ci è stato dato un cervello per pensare, usiamolo e non concediamolo in affitto ad altri affinché lo possano usare per nostro conto: in questo caso specifico procure, deleghe, mandati e surroghe non devono essere contemplate, ne concediamo già fin troppe non facciamole con una delle poche libertà che ancora ci rimangono.

Se riusciamo in tutto ciò è un grande passo avanti per una esistenza positiva e attiva.

Vorrei, per le mie conclusioni, scomodare Albert Einstein che nel suo “Pensieri, idee, opinioni, 1950) affermava: “Una società di individui omologati, privi di una propria originalità e di propri obiettivi sarebbe una comunità povera, senza possibilità di sviluppo. Al contrario, si deve tendere alla formazione di individui che agiscano e pensino in modo indipendente, pur vedendo nel servizio della comunità il proprio più alto compito vitale”.

Credo che non ci sia altro da aggiungere. Namasté (però se lo diciamo per moda un banalissimo ciao è più che sufficiente…)!


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