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Luca Brunetti: "Sono un regista per caso"

Luca Brunetti è un giovane regista, ma con esperienza internazionale, raffinato, colto, di larghe vedute e di ampie prospettive. E si etichetta un regista per caso, ma soprattutto un uomo schietto.


Essere un uomo schietto, specie nel mondo del cinema, non è facile, quali sono le sue caratteristiche?

“È vero, sono molto schietto, forse troppo, e questo viene spesso scambiato per arroganza, ma lo sono perché sono ambizioso; il mio obiettivo è creare qualcosa, lasciare qualcosa della tua visione della vita da condividere con una comunità. Credo che questo sia il vero senso dell’Arte. Ovviamente, sono anche egocentrico, ma non in senso negativo; mi spiego: io metto me stesso al di sopra di tutto, perché credo nelle mie capacità, perché le ho viste crescere e migliorare nel tempo. E poi, c’è un discorso più generale, che so sembrare quasi un cliché, ma nella vita reale i cliché non esistono: se non stai bene con te stesso non puoi star bene poi con gli altri, per questo sono terribilmente critico con me stesso”.

Come mai tanta autocritica?

“Ho capito che bisogna coltivare profondamente l’autocritica, in tutti gli aspetti della nostra vita, per essere una persona migliore. In questo mi ha aiutato molto fare lo sceneggiatore: puoi dover riscrivere anche il 90% del tuo lavoro e magari eliminare scene a cui sei molto affezionato perché non sono funzionali alla storia, quindi, se non hai un forte spirito autocritico non potrai mai essere un bravo sceneggiatore, perché penserai sempre che qualunque cosa tu faccia vada comunque bene, e non è vero. E così vale nella vita di tutti i giorni”,


Perché è un regista per caso?

"Sono uno storyteller. Ho avuto un’unica esperienza come regista, ed è arrivata proprio per caso: di questo film ero sceneggiatore e produttore, poi problemi personali del regista mi hanno portato a dirigerlo, perché ormai ero 'dentro la storia'. In fondo,ogni sceneggiatore è anche un po’ regista, perché le scene che scrive le immagina mentre le sta scrivendo, quindi è già un regista nella mente”.


Ci parla del suo film?

“S’intitola L’Ora di Lezione ed è basato sull’omonimo saggio dello psicanalista Massimo Recalcati edito da Einaudi. È stata un’esperienza complessa ma appagante: complessa perché non è facile trovare il giusto equilibrio tra la visione di un importante autore e la tua personale; appagante, per il lavoro che ho potuto fare con gli attori, che sono poi l’anima di un film, e se sono del calibro di Giulio Base e Margherita Fumeroè tutto più semplice, soprattutto quando devi poi lavorare con un’attrice giovane, seppur talentuosa, come Giorgia Lorusso”.


Sappiamo che ha avuto importanti esperienze oltreoceano…

“Sì, ho sempre amato la cultura americana, e ho avuto la possibilità di studiare cinema a Los Angeles. È stata una esperienza fondamentale, prima di tutto di grande crescita umana, visto che ero molto giovane, che era la prima volta che andavo all’estero, e che vivevo da solo. Poi, ci sono tornato per un lavoro (però andata male) nel 2016”.


Qual è il suo regista preferito?

David Fincher: è un voyeur, come me.E, in fondo,credo lo siamo un po’ tutti. E fare il regista non significa altro che scegliere un punto di vista attraverso cui guardare il mondo e le persone”


Che profumo ha la vita?

“Non amo e non uso il profumo. Non mi piace aggiungere qualcosa a quello che già c’è; preferisco l’odore delle cose per quello che sono”.


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