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"Mi piace"!

Abbiamo inventato una nuova unità di misura: il “mi piace”.

Se il “mi piace” è sotto a una foto o a una frase o a un video poco importa, quello che conta è avere tanti “pollici alti” altrimenti ci si autoconvince di essere nessuno oppure rischiamo di essere invidiosi di chi ne raccoglie molti più dei nostri.

model: Elisa - fotografo: Massimo Stramesi

Il “mi piace” sta diventando una vera e propria malattia di questo ventunesimo secolo. Poi esiste il “mi piacista” seriale, colui che soffre del click sul pollicione di tipo compulsivo; non guarda, non legge, non si sofferma ma è solo intenzionato a battere il suo record di “mi piace” giornalieri.

Quanti gongolano per aver raggiunto cento o duecento mi piace sotto a una foto. Ma ci siamo mai posti la domanda: ma alla fine quanto significano quei duecento click sulla manina? Facebook in Italia ha superato i 30milioni di iscritti e quei 200 mi piace rappresentano circa il 6,66% periodico degli iscritti italiani.

Se poi ci spostiamo a livello mondiale dove gli iscritti hanno superato i 2miliardi la percentuale diventa infinitesimale: addirittura lo 0,0001%, una nullità. Chiaramente i mi piace aumentano appena si vede un post che riporta la foto di una bella ragazza magari svestita.

Non si guarda quanto la foto possa essere artistica ma, piuttosto, quanti siano i centimetri di pelle visibili. E non dico nulla su molti commenti beceri.

Ma siamo certi che tanti “mi piace” portino a essere qualcuno?

Possiamo considerare questa la modernità e l’innovazione auspicata? Potrebbe sembrare così facile utilizzare in modo intelligente i social ma alla fine predomina l’imbarbarimento culturale dell’insulto, della stupidaggine, dell’imbecillità e dell’inseguimento al “mi piace”. Ma non mi arrendo. Credo ancora che si possa rendere utile questo strumento. Basta volerlo. La foto che ho scelto come copertina di questo articolo voleva essere solo una prova per vedere quanti entravano nell’articolo per leggere e capire se parlavo di questa ragazza… delusi? Spero, invece, che abbiate dedicato qualche minuto per leggere questo editoriale e che vi abbia fatto riflettere: poi ognuno ne tragga le proprie considerazioni e se ha voglia di invertire la rotta si può.

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