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Indispettito e insofferente: non sopporto più!

Più passano gli anni, più invecchio e più ci sono persone, situazioni e cose che non sopporto.

A volte mi accorgo che è difficile, perfino, sopportare me stesso.

Però alcune “cose” proprio mi indispettiscono e l’avvento dei social mi ha portato a ingigantire alcune situazioni che solo la potenza di questo nuovo mezzo di “aggregazione virtuale” ci mette in rilievo.

Al top ci sono coloro che mettono i “mi piace” seriali perché una manciata di “pollici in su” giornaliera non si può negare altrimenti la giornata non ha senso. Non conta a cosa ho messo il “mi piace” l’importante è averlo messo. Me ne sono accorto proprio con questi miei editoriali: trovarmi a volte ad avere molti più “mi piace” sotto il post in facebook che di visualizzazioni rilevabili sulla piattaforma di ModerNews. E allora la domanda mi viene spontanea: ma che ca…volo metti il “mi piace” senza aver letto l’articolo, potrei aver sparato a zero su di te proprio come sto facendo ora.

E tra tutti i “mi piace” che non sopporto ci sono quelli che il mi piace lo mettono ai propri post. Per fortuna che ti piace quello che hai pubblicato, altrimenti che piffero lo pubblicavi a fare se non per sostenere con forza: “eccheccazzo, ci sono anch’io in feisbuk”. Mi torna in mente un deputato degli anni ottanta che nel presentare in Parlamento un disegno di legge di cui era il primo firmatario esordì dicendo: “Nel proporvi questo disegno di legge di cui sono il primo firmatario e con il quale sono pienamente d’accordo…” e per fortuna che era d’accordo con se stesso, non è un qualcosa che capita tutti i giorni, almeno ultimamente.

Cosa dire poi dei “mi piace” sui post dove qualcuno condivide il proprio dolore per la perdita di una persona cara. “Mi piace” che cosa? Che sia venuto a mancare qualcuno? Il dolore per la perdita di una persona cara, sia esso un parente stretto o un amico, è un qualcosa di molto “personale”: poi ci sono persone che lo esternano pubblicando un post nella speranza che la condivisione possa alleviare la grave perdita e ci sta perché ognuno ha il diritto di “esorcizzare” il dolore a modo suo ma mettere un “mi piace” può apparire come una nota stonata. Un po’ come inviare un telegramma scrivendo “vivissime condoglianze”.

Non sopporto poi le cosiddette “fake news”, le bufale, ovvero vere e proprie prese per il culo all’intelligenza umana, se mai ne esistesse ancora una. Posso capire, ma a fatica, grande fatica, colui che le pubblica spinto da un senso goliardico o da una stupidità social-politica ma chi le condivide e le commenta come se fossero la realtà, magari calcandoci anche la mano aggiungendo scemenza a scemenza, insulti su insulti, falsità su falsità, senza prima appurare la fonte di provenienza, sono ancora peggio. Se si prosegue su questa strada mi pare che ci vorrebbe un nuovo Beethoven che dopo l’Inno alla Gioia metta in musica l’Inno all’Imbecillità. Infine, per questo mio editoriale, ci sono le cosiddette “Catene di Sant’Antonio”. Una volta ti arrivavano per posta: invia questo messaggio ad altre dieci persone altrimenti guai a te. Il più delle volte, toccando ferro o altro, sbattevi tutto nella spazzatura e per fortuna non è mai successo nulla di strano. Oggi ti arrivano per chat, condivise sulla bacheca, per messaggio: coccinelle, quadrifogli, corna, messaggi religiosi, richieste di baci, saluti, dove ci siamo visti la prima volta, con una parola ricorda come ci siamo conosciuti e via discorrendo. Non se ne può più. Si tratta di un altro insulto all’intelligenza umana. Gli esperti di “orientamento della persona” sfruttano la credulità di chi risponde per capire quelle che sono le persone più facili da “adescare” con messaggi di puro marketing. I creduloni. Riappropriamoci del nostro ragionare autonomo: facciamolo prima che sia troppo tardi.

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