Torino misteriosa: via Cappel Verde e la storia di Enrichetta Naum
Via Cappel Verde in Torino è collocata tra via XX Settembre e via Porta Palatina, parallela a via Palazzo di Città, poco distante dal Duomo e deve il suo nome alla presenza, nel sei-settecento, di un albergo che sull’insegna portava uno strano copricapo verde, da lì il nome.
Questa piccola via che potrebbe passare quasi inosservata è nota perché al numero 6, al secondo piano, abitava Enrichetta Naum, una donna esorcista - fatto alquanto inusuale - che operava, appunto, esorcismi e guarigioni.
La via è meta di curiosi dopo che appassionati di esoterismo hanno fatto di essa una delle vie più importanti nel turismo magico di Torino.
Enrichetta nel 1895 all’età di 52 anni fu nominata dal'autorità ecclesiastica di allora esorcista. In quegli anni a Torino vi era necessità di avere esorcisti ma in città,ve ne era solo uno e inoltre in età avanzata.
La Naum compiva, a due passi dal Duomo, strani riti e guarigioni incomprensibili per i medici del tempo, le guarigioni avvenivano pronunciando strane formule in latino sovente incomprensibili e con la somministrazione di pozioni che la stessa Naum faceva bollire in pentoloni e pentolini sulla stufa di casa e da cui ne sortivano vapori e vampate.
Terminato il rito accompagnava i suoi “pazienti” nella vicina chiesa del Corpus Domini per una preghiera di ringraziamento.
Nell’ultimo ventennio dell’Ottocento la sua fama aumentò di giorno in giorno.
Negli ultimi anni della sua vita,dal 1898, si era trasferita in una mansarda di via Garibaldi, allora via Dora Grossa, sembra per le lamentele dei condomini stanchi delle urla e dei rumori dovuti agli esorcismi oltre che dal continuo via vai di persone a qualsiasi ora del giorno, dove continuò le sue pratiche anche se colpita da una grave forma di artrosi.
Pare, però, che non abbia mai lasciato del tutto l'appartamento di via Cappel Verde, dove forse per gli esorcismi da lei compiuti che, secondo alcuni, hanno in qualche modo impregnato il luogo, ancora oggi si sentono strani rumori e il suo fantasma compare di tanto in tanto spaventando gli odierni abitanti.
Enrichetta morì nel 1911, a 68 anni: la Gazzetta del Popolo diede la notizia solo qualche giorno dopo i suoi funerali.
Le origini di Enrichetta Naum sono sconosciute: sappiamo solo che è nata nel 1843 e che gran parte della sua vita la passò in quella casa che coincidenza vuole fosse collocata accanto al vecchio seminario dove c’era una biblioteca con molti testi che trattavano i temi dell’esorcismo e dei demoni. Si racconta di Enrichetta come di una donna piccola, bruttina, che parlava quasi esclusivamente il dialetto piemontese.
Le sue doti di guaritrice potrebbero essersi tramandate da qualche famigliare, fatto non inusuale nelle vallate piemontesi; qualche dubbio sorge sul fatto che compisse esorcismi, atti riservati solitamente al magistero sacerdotale: probabilmente ha avuto modo di accedere alla biblioteca del seminario e imparare formule per le incomprensibili che poi pronunciava in modo ispirato. Non era importante conoscere il significato della formula ma recitarla nel modo corretto. Qualcuno affermava che gli esorcismi erano praticati dal marito Gaetano che rimaneva nell’ombra per non compromettersi dato che lavorava per una fabbrica di candele che riforniva anche il duomo: sarebbe stato lui, quindi, a insegnare alla moglie rituali e formule.
Da internet recuperiamo una storia legata all’attività di Enrichetta Naum.
“Si racconta dalle cronache dell’ epoca di un ragazzo di quattordici anni Giuseppe Brossa che abitava vicino al mercato di Porta Palazzo sull’ angolo con Corso Regina Margherita catturato dal demonio che gli faceva compire sugli animali e sulle cose ogni genere di scelleratezze e lo costringeva a pronunciare parole che mai sarebbero potute uscire dalla bocca di un ragazzo della sua età. La madre consigliata dalle vicine di casa lo portò dalla Naum. Sembra che la prima intenzione fosse stata di condurlo dal parroco, ma prevalse l’ opinione di ricorrere alla Naum, la cui fama doveva essere notevole. Il ragazzino giunto in via Cappel Verde e con la madre sali i settantadue gradini per entrare nell'abitazione della Naum.
Qui vincendo qualche resistenza lo fecero inginocchiare sul pavimento di mattoni, la donna cominciò a invocare formule, poi s’ interruppe e mise a bollire un pentolino d’ acqua con dentro erbe che profumarono la stanza con un miscuglio fra il tiglio e l’ incenso. Giuseppe Brossa dopo una decina di minuti prese a smaniare, dalla sua bocca usciva della bava color verde e la Naum guardandolo negli occhi, lo afferrò per i capelli intimando al demonio di uscire da quel corpo, di andarsene e di finire dritto e filato nel pentolino con le erbe e l'infuso bollente. Pochi istanti dopo che il ragazzo era caduto a terra con il volto bianco e sudato, si udi un gran botto e il pentolino traballò sul fuoco poi si versò sul pavimento tra le fiamme e si ebbe pure l’ impressione che la casa tremasse. Ritornato a casa liberato dal maleficio le cronache aggiunsero che rimase cosi sino alla fine dei suoi giorni”.