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Torino misteriosa: Casa dei Romagnano e le vicende di Vans Clapiè

Percorrendo una delle strade più antiche di Torino, via dei Mercanti, nel tratto tra via Monte di Pietà e via Barbaroux, sicuramente è capitato che il nostro sguardo si sia imbattuto, al civico numero 9, in una costruzione tipica del tardo medioevo, XV secolo: Casa dei Romagnano. Appartenuta ai marchesi Romagnano, una delle famiglie più antiche, ramo cadetto dei marchesi di Torino, noti anche come Arduinici, rappresenta uno degli edifici abitati più antichi della città.

foto di Giusy Virgilio

La casa conserva ancora qualche frammentaria testimonianza del suo passato.

Nella struttura portante si possono vedere tratti di muro formato da ciottoli disposti a lisca di pesce alternati a file di mattoni, finestre ogivali a sesto acuto con decorazioni in cotto del XV secolo. La facciata principale presenta, al secondo piano, due finestre ogivali con ricchissime modanature in cotto a motivi di cardi e foglie di quercia; al piano inferiore queste furono sostituite nel XVI secolo con finestre rettangolari crociate, anch'esse con modanatura in cotto, ma di disegno molto più semplice. Nel XVII secolo, senza alcuna attenzione alla decorazione originaria, furono ricavate delle nuove finestre verticali per garantire maggiore illuminazione all'interno. Durante i restauri del 1885 furono ritrovate alcune formelle col motto della famiglia Romagnano (EN UN) e il simbolo araldico: un ramo di pino con relativo frutto; da qui l'attribuzione dell'edificio alla nobile casata.


Da metà Ottocento Casa dei Romagnano fu abitata, al terzo piano, da un personaggio curioso, bizzarro e misterioso: Vans Clapiè (alcuni sostengono che si chiamasse Clapier), proveniente da Chieri anche se dal nome si direbbe che abbia avuto origini francesi , una figura di quelle che da sempre hanno affascinato Torino.

Vans Clapiè era detto il Cinese, soprannome dovuto a seguito di alcuni viaggi che aveva fatto in Oriente commerciando stoffe. Però era altresì soprannominato il Mago, da una parte per le sue doti di veggente dall’altra per il suo interesse per le sperimentazioni che ne facevano una sorta di alchimista del XIX secolo. Clapiè si dedicava anche al magnetismo, era un guaritore (pare che utilizzasse un macchinario di sua invenzione basata proprio sulla magnetoterapia) e veniva contattato per individuare la sorte di persone scomparse o per vedere il futuro attraverso speciali cristalli.

Furono più che altro l’essere veggente a creargli non pochi problemi e, quindi, a non essere ben visto dai torinesi; alcuni lo consideravano una furbone dotato di intuito, altri invece pensavano che avesse a che fare con la magia nera.

foto di Vittorio Destro

L’Opinione, giornale molto seguito al tempo, il 3 novembre 1861, dedicò un articolo alle sue “applicazioni magnetiche”: di tutta risposta i medici lo bollarono come un ciarlatano.

Nel 1855, con sei anni di anticipo, pare abbia previsto la Spedizione dei Mille: scrutando dentro a dei cristalli affermò di aver visto "centinaia di uomini che indossavano una camicia rossa scendere da navi sbarcate in un'isola, guidati da un uomo in camicia rossa, con la barba e gli occhi ardenti". Inoltre vide la morte di Cavour e altri fatti di cronaca, di solito sempre fatti tragici e i torinesi, vedendo che queste veggenze si materializzavano realmente iniziarono a trattare Vans Clapiè con sospetto e diffidenza.

Una volta annunciò pubblicamente la caduta di un balcone in via Dora Grossa (l’attuale via Garibaldi) e tre giorni dopo questo accadde veramente: un grosso lastrone si staccò dal balcone di un palazzo ferendo un venditore ambulante; naturalmente il proprietario della casa sostenne che la colpa era di Clapiè: un uomo pericoloso gli aveva fatto il malocchio quando si rifiutò, qualche anno prima, di prenderlo come inquilino. La folla aizzata da queste parole si recò in Via dei Mercanti per chiedere spiegazioni, non lo trovarono in casa e quando apparve nella via lo malmenarono brutalmente. Questa vicenda segnò profondamente il Cinese che uscì sempre più raramente e quando succedeva lo faceva con molta diffidenza andando ad aumentare la sua fama sinistra e le voci maligne nei suoi confronti.

foto di Giusy Virgilio

Il 16 ottobre 1875 Clapiè percorrendo via Pietro Micca annunciò a dei passanti di aver visto nei cristalli una bottega che avrebbe preso fuoco di cui però non aveva potuto vedere l’insegna a causa del fumo denso ma che i danni sarebbero stati gravissimi. Qualche giorno dopo, il 28 ottobre, in via Milano 14, si incendiò la Drogheria Tortora che andò completamente distrutta e in tanti associarono il fatto a quanto detto dal Mago accusandolo di gettare il malocchio. Quella che invece si rivelò la classica goccia che fa traboccare il vaso capitò qualche giorno dopo: un incendio che si sviluppò proprio in via dei Mercanti, a casa del Cinese. Il tutto avvenne durante un magneto-esperimento che lui stesso aveva annunciato come “molto difficile” e che non andò a buon fine: l’incendio non si estese e fu controllato agevolmente ma la colonna di fumo che si alzò creò allarmismo tra i torinesi che si radunarono numerosi sotto Casa dei Romagnano.

Vans Clapiè fu salvato dai gendarmi che a fatica riuscirono a portarlo via; il Mago, come per magia, riuscì poi a dileguarsi e di lui non si seppe più nulla.

Fabrizio Capra

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