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Torino misteriosa: Antonelli e una "Fetta di Polenta"

Qualche giorno fa mi rivolgo a una amica e le dico: “Domani vado a vedere la Fetta di Polenta”.

Di tutto punto lei mi risponde: “Vorrai dire che vai a mangiare una fetta di polenta, ma non fa un po’ caldo per questo cibo?”. Ho controbattuto: “Non ho sbagliato: la Fetta di Polenta è una casa di Torino, la prossima settimana leggerai il mio articolo su ModerNews”. Ed eccomi qui a raccontare di questa strana costruzione, opera di uno degli architetti più influenti dell’Ottocento: Alessandro Antonelli, artefice della Mole e di altre costruzioni sparse per il Piemonte.

Nel quartiere Vanchiglia, laddove corso San Maurizio si incrocia con via Giulia di Barolo, con la porta d’ingresso al numero 9 di quest’ultima via, sorge Casa Scaccabarozzi, nome ufficiale che deriva dal cognome della moglie dell’Antonelli, la nobildonna cremonese Francesca Scaccabarozzi ma per i torinesi è da sempre la “Fëtta 'd polenta” (Fetta di Polenta), nome dovuto alla sua forma trapezoidale e al colore giallo.

Antonelli e consorte abitarono quella strana casa per pochi anni, quindi si trasferirono nell’isolato adiacente, con ingresso in via Vanchiglia 9, in quella che è ancora oggi “Casa Antonelli”, unico palazzo con portici su tutto corso San Maurizio.

Procediamo con ordine.

La particolarità di Casa Scaccabarozzi è nella pianta trapezoidale dell’edificio che porta uno dei prospetti laterali a misurare solo cinquantaquattro centimetri: da questa caratteristica il nome che i torinesi gli hanno attribuito.

L’architetto Antonelli ottenne come compenso per il progetto del quartiere del moschino (ora Vanchiglia) un piccolo terreno nell’angolo di Via dei Macelli (l’attuale via Giulia di Barolo): il tentativo di acquistare i terreni confinanti non portò a nessun risultato e così per scommessa o per sfida decise di costruire questo edificio “da reddito” con un appartamento per ogni piano sfruttando l’altezza non potendo sfruttare la larghezza.

Costruito in più fasi (quattro piani nel 1840, successivamente altri due piani e nel 1881 l’ultimo piano) è la prova di una grande destrezza tecnica e per l’epoca era agli antipodi delle regole classiche costruttive. Donato alla moglie, da cui prese appunto il nome reale, Antonelli e consorte vi si trasferirono per alcuni anni al fine di dimostrare a tutti la reale stabilità e tacciare coloro che sosteneva che l’edificio sarebbe crollato; la “Fetta di Polenta, addirittura, resistette all’esplosione (24 aprile 1852) della regia polveriera di Borgo Dora, al sisma (23 febbraio 1887) e scampò ai bombardamenti della seconda guerra mondiale tutti eventi che interessarono pesantemente il quartiere e gli isolati circostanti.

Il piano terreno ospitò il Caffè del Progresso che fu ritrovo di carbonari e rivoluzionari mentre nel 1859 vi abitò Niccolò Tommaseo (il comune pose una lapide in memoria). L’edificio è tutelato dalla Soprintendenza per i Beni architettonici del Piemonte, destinato ad abitazione privata non visitabile se non in casi eccezionali. Sulla storia di questo palazzo ci sarebbe ancora da dire moltissime cose ma vorrei soffermarmi su alcuni aspetti molto particolari, simbolici.

Le due basi misurano una 4 metri e l’altra 57 centimetri; i lati congruenti sono lunghi 16 metri, perciò l’area è di 36,5 metri quadrati.

foto dal web

La casa è alta 27 metri, lunga 27 metri su via Giulia Di Barolo, larga 5 metri su corso San Maurizio e 0,70 metri sul lato opposto.

A causa delle strette rampe della scala, è impossibile condurre carichi ingombranti ai vari piani; per effettuare traslochi venne installata una carrucola all'ultimo piano, ancora visibile da via Giulia di Barolo.

Si tratterebbe, secondo alcune fonti, di un passaggio verso le Città Oscure, un mondo parallelo che solo pochi iniziati ne sono a conoscenza e forse fu proprio Niccolò Tommaseo a scoprire questo passaggio.

Questa considerazione potrebbe essere supportata dal fatto che Alessandro Antonelli era conosciuto anche come l’architetto Massone, un “libero muratore", capace di trasporre gli ideali massonici nella sua architettura.

Poi, casualmente, sia la “Fetta di Polenta” sia “Casa Antonelli” hanno l’ingresso al numero civico 9 che nella numerologia massonica rappresenta il “Destino”, il numero dell’iniziazione, del liberatore che permette di accedere a un nuovo livello di esistenza. Simbologie massoniche sono presenti in molte altre opere dell’architetto Alessandro Antonelli: la Mole Antonelliana con la sua cupola piramidale (https://www.modernews.online/single-post/2017/12/05/Torino-misteriosa-i-poteri-energetici-della-Mole-Antonelliana), a Novara la Cupola di San Gaudenzio, la Chiesa Parrocchiale di San Bartolomeo e Gaudenzio a Borgolavezzaro (No), a Castellamonte (To) la Rotonda Antonelliana, il Santuario di Boca (No) e Villa Caccia a Romagnano Sesia (No).


Fabrizio Capra

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