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Valerio Liboni: la mia canzone più bella è mio figlio!

Valerio Liboni è una leggenda vivente della musica italiana, da sempre su un palco ha coniugato con le note la sua vita. La sua carriera inizia dall’avanspettacolo a fianco a suo padre, l’indimenticabile Gianni Liboni, spalla di Erminio Macario, ma anziché il teatro Valerio si dedica alla musica e dopo poco tempo arriva all’immenso successo di Pop Corn con la Strana Società, la sua carriera continua come batterista dei Nuovi Angeli dove incide celeberrimi brani, dopodiché diventa autore e produttore di grandi artisti e cantautore, ancora oggi con la sua musica infiamma il pubblico di tutto il mondo.

Valerio mi aspetta in una tavola calda con sua moglie Noelvis, mi sorride e si descrive: “Sostanzialmente io sono un panda, mi spiego meglio, sono un sentimentale, mai cinico, credo nell’amicizia e nell’amore e sono artista completo con cinquant’anni di carriera”.


Come ha vissuto la sua carriera?

In modo splendido. Ho iniziato nel 1968 con i Ragazzi del Sole, poi ho fondato la Strana Società, e infine i Nuovi Angeli. Dopo sono iniziate nuove collaborazioni, soprattutto autoriali (Fiorella Mannoia, Macario, la sigla di Sanremo con Pippo Franco) e grazie alla mia musica ho eseguito concerti in tutto il mondo”.


Qual è stata la sua più grande soddisfazione?

Aver scritto insieme a Silvano Borgatta 'Ancora Toro', l’inno ufficiale del Torino FC. Mi ha dato gioia immensa, è un brano potente che evidenzia in tutto e per tutto le caratteristiche del tifoso granata”.


Se la vita fosse una canzone, quale sarebbe?

Ho imparato a sognare, una canzone molto bella scritta dai Negrita nel ’97, che ho ripreso ed inserito in un mio album dal titolo omonimo, anche Carte da decifrare di Ivano Fossati è un brano stupendo. Sono molto attento al testo, mi piace la poesia abbinata alla canzone”.


Qual è la sua canzone più bella?

Non ho dubbi; è mio figlio Gianmarco che mi dà gioia immensa, ringrazio mia moglie di avermelo donato. Come canzoni invece, sono molto affezionato a Se questo non è amore che composi per Mia Martini e Una lettera".

Lei che ha vissuto mezzo secolo di musica italiana, cosa pensa dei talent?

Il peggio possibile, siamo alla deriva televisiva, sono trasmissioni ignobili. Sono la rovina di questi giovani artisti, durano lo spazio di una stagione, non hanno fatto la gavetta e non sanno cosa vuol dire lavorare e li sbattono sul palco, gli fanno dei contratti capestro, li sfruttano e li gettano via”.


Allora qual è la strada giusta per diventare un buon artista?

Lavorare, lavorare e lavorare! Imparare, suonare e sacrificarsi e soprattutto essere onesti con se stessi”.


Dopo una carriera così bella, cosa farà da grande?

Il mio sogno è aprire un chiringuito (un chiosco) sulla spiaggia di Playa del Este a L'Avana de Cuba, dove servire birra ghiacciata e piatti italiani ai turisti. Un posto splendido, vedo già mia moglie che cucina, mio figlio che gioca a pallone e io che servo a tavola e ogni tanto canto una canzone con gli ospiti”.

Ermanno Eandi

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